Rivoluzione. Istruzioni per l'uso (2012) by David Graeber

Rivoluzione. Istruzioni per l'uso (2012) by David Graeber

autore:David Graeber [Graeber, David]
La lingua: ita
Format: epub, mobi, azw3
editore: BUR
pubblicato: 2014-04-02T22:00:00+00:00


SECONDO ESEMPIO: IL PICCHETTO

A differenza dei cortei e dei raduni, i picchetti prevedono un confronto diretto: e tutte le persone coinvolte sanno precisamente con chi si svolge questo confronto. L’obiettivo ultimo è ovviamente la direzione, i titolari o i dirigenti dell’impresa in sciopero. L’obiettivo immediato è chiunque minacci di varcare la linea del picchetto: clienti, committenti o crumiri. Tra gli oppositori si possono annoverare la polizia, le imprese di sicurezza privata assoldate dai datori di lavoro, e altri individui che cerchino di oltrepassare la linea o di consentire il passaggio, e a volte anche dei contropicchettatori riuniti sul lato opposto. In questo senso, il «pubblico» e l’«obiettivo» si sovrappongono in gran parte – di fatto si cerca di persuadere membri identificabili del pubblico a non fare qualcosa –, benché in un senso più ampio ci si rivolga anche a un «pubblico» più vasto, che potenzialmente include elementi dell’establishment legale e politico che l’opinione pubblica può indurre a intercedere per gli scioperanti (in quest’ultimo senso gli scioperi si trasformano progressivamente in protesta).

Questa situazione emerge da una circostanza storica precisa: i picchetti nacquero come una forma molto radicale di azione diretta, nella misura in cui prevedevano la minaccia dello scontro fisico – benché come uno dei tanti strumenti – per tenere lontani i crumiri. Nella prima parte del ventesimo secolo la pratica è stata legalizzata – diventando forse l’unica forma di azione diretta permessa dal governo americano, benché solo a certi gruppi giuridicamente determinati – ma allo stesso tempo è stata soggetta a dettagliate regolamentazioni. L’uso della forza fisica è stato proibito, in quanto inaccettabile violazione del monopolio dello Stato sulla violenza. Ma quello stesso monopolio statale sulla violenza è stato impiegato – in casi estremamente limitati – in nome degli scioperanti stessi: come, per esempio, quando il governo sosteneva con la forza della legge l’esito di un arbitrato vincolante. Insomma, la polizia non era schierata nettamente dalla parte avversa. Il risultato è che i picchetti sono diventati un’affascinante combinazione di militanza, teatro e scrupolosa legalità.

Traggo un esempio da una campagna in cui la Dan è stata intimamente coinvolta, l’astensione dal lavoro dei dipendenti del Museum of Modern Art a Midtown che abbiamo sempre chiamato «lo sciopero del Moma». Lo sciopero nasceva da dispute contrattuali avviate da circa centosettantacinque membri della Professional and Administrative Staff Association (Pasta, che è la sezione 2110 del sindacato United Auto Workers) che rappresentava curatori, artisti, segretari, librari e bibliotecari (gli altri quattrocento e più dipendenti del museo erano rappresentati da altri cinque sindacati, che non scioperarono). Si rivelò lo sciopero più lungo nella storia del Moma: durò centotrentaquattro giorni, dal 28 aprile al 12 settembre 2000; al termine, la maggior parte dei dipendenti lo considerarono una grande vittoria. Il Dan Labor svolse un ruolo di primo piano nello sviluppo della strategia del sindacato; anche perché uno dei membri più attivi del Dan Labor, Malcolm, era figlio di un uomo all’epoca sposato con una degli organizzatori principali dell’Uaw.

Fu «il picchetto più rumoroso di New York», come l’aveva definito orgogliosamente Jordan.



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